Il silenzio italiano e la proposta di esilio

di Furio Colombo

Si incrociano le conversazioni sul faccia a faccia televisivo di Massimo D’Alema e Antonio Martino, durante la trasmissione «Porta a Porta» di lunedì sera. Come in un gioco di società, il ministro della Difesa italiano, sorridente e stranamente poco preoccupato, rifiuta di svelare la posizione del governo italiano. Con le Nazioni Unite? Contro le Nazioni Unite? Senza le Nazioni Unite? Con l’Unione Europea? Fuori da essa, con una non meglio precisata «coalizione», come nei racconti di fantascienza di Philip Dick? Martino si è ostinato a non dirlo, soddisfatto della sua discrezione, benché il presidente dei Ds lo abbia incalzato senza cedere, senza stancarsi, senza fingere di stare allo strano gioco, per quasi due ore.

Dopo questo dialogo senza risposte, che apparterrebbe al teatro dell’assurdo, se non accadesse ai nostri giorni, con una vera guerra che sta per accadere e un vero governo che non si fa trovare, si capisce il senso di un breve documento che Norberto Bobbio e Umberto Eco hanno firmato e affidato alle agenzie martedì sera, e che leggete su questa pagina.

Tale dichiarazione è un evidente sostegno al progetto di Pannella e Bonino, un impegno a evitare la guerra e a dare libertà e democrazia all’Iraq sotto la guida dell’Onu, con l’abbandono del potere da parte di Saddam Hussein. Bobbio e Eco non si pongono il problema se la proposta sia ingenua o sia realistica. Dicono entrambi tre cose. La prima: è un modo effettivo di agire, invece di invocare, per impedire la guerra. La seconda: intende costringere il governo italiano a dire una cosa chiara, univoca, utile. Un’occasione che il governo italiano non può permettersi di perdere. La terza è che un simile sforzo diplomatico impegna l’Europa- ora spaccata - ad agire insieme. E mette le Nazioni Unite al centro, proprio quando si vorrebbe dichiararle finite. E intanto non si scatena la guerra.

marzo 2003