Norberto Bobbio
Ho conosciuto Aldo Capitini nel 1937, quando stava per uscire il libro Elementi di una esperienza religiosa, libro sin da allora considerato da me, insieme con La scuola dell’uomo di Guido Calogero, una delle fonti principali d’ispirazione del movimento antifascista clandestino, che fu chiamato dai due fondatori liberalsocialismo. In un’intervista di oltre dieci anni fa, apparsa su un fascicolo dedicato a Capitini, uscito in pochi esemplari per gli amici, ritornavo con il mio proverbiale pessimismo sulla filosofia della storia «postcristiana» e «postcomunista» di Capitini, affermando che «la storia umana è "ambigua", e dà risposte diverse secondo chi la interroga e nella situazione in cui la interroga. Si possono tutt’al più cogliere dei "segni" e cercare di interpretarli. Il cristiano troverà segni che gli permettono di sperare nel futuro del cristianesimo. E il comunista non stenterà a trovare segni per pronosticare la fine del cristianesimo e il trionfo del comunismo [ricordo che l’intervista è stata raccolta prima del fatidico "1989"]. «Il pensiero secolarizzato, dalla fine del Settecento in poi, aveva creduto di vedere nella storia dell’età moderna i segni del "progresso" indefinito dell’umanità. Kant stesso aveva dato una risposta affermativa alla domanda "se il genere umano sia in costante progresso verso il meglio". Ma a giudicare da quello che è avvenuto in questo secolo, per citare soltanto due fatti esemplari, Auschwitz e Hiroshima, si è tentati di dire che tutti avevano sbagliato». La non violenza è il tema fondamentale che fin da subito mi aveva personalmente affascinato nell’opera di Capitini, dalla quale ho creduto di poter ricavare una filosofia della storia fondata sul passaggio dalla violenza alla non violenza. Pure nell’intervista già citata ho ripetuto che «il vero salto qualitativo nella storia dell’umanità non sarà il passaggio dal regno della necessità al regno della libertà, come riteneva Marx, ma il passaggio dal regno della violenza al regno della non violenza». Passaggio che sembra trovare non si sa se una conferma o una smentita in alcuni «segni» contrapposti come, da un lato, la richiesta di sempre nuovi diritti dell’uomo, e già si sta affrontando il tema dei diritti degli animali, dall’altro l’imperversare in tutto il mondo di una violenza brutale e selvaggia.