POLEMICA FASCISTA

I.

    La Rivoluzione Liberale, che nei passati giorni ha dedicato un numero intero al Fascismo, continua ancora nei successivi ad occuparsi del nostro movimento in tono polemico, pretendendo di seguirlo "nelle sue linee di sviluppo, attraverso lo studio dei suoi presupposti ideali".

    A parte la presunzione, davvero grande, dell'articolista .- Mario Lamberti - il quale afferma senza ambagi d'aver esaminato, chiarito e valutato il Fascismo sia nelle sue estreme teorie, pare a noi supremamente ingiusta, se non ridicola, la pseudo-stroncatura che in detto articolo il Lamberti, polemizzando con uno dei nostri, ha creduto infliggere al nostro movimento, al nostro programma, al nostro Partito, alla nostra dottrina, alla nostra filosofia, insomma!

    Con quattro chiacchiere retoriche non si spaccia in verità il Fascismo, che si é ormai innestato formidabilmente nella vita nazionale per rigenerarla e purificarla. La mentalità settaria non ci commuove. I nostri avversari sputino pure fuori tutto il fiele di cui è capace il loro vaso atrabiliare. Certo è che il Fascismo che possiamo senz'altro identificare col binomio mazziniano: Pensiero e Azione, oggi:

    I) Domina incontrastabilmente tutta la vita politica italiana;

    2) s'accampa - esercito poderoso e disciplinato della Salute sociale nazionale - ferreamente nel cuore del Paese;

    3) obbedisce liberamente ad un Capo e questi segue con militare compattezza nella sua costante ascensione;

    4) si batte risolutamente perché sia riconosciuto il suo diritto di cittadinanza politica;

    5) dimostra di avere un programma fattivo di ricostruzione interna, di civile e commerciale espansione all'estero;

    6) colosso di mole dolomitica, respinge con tranquilla compostezza gli assalti e gli attacchi - cruenti ed incruenti - di tutta la vile teppaglia rossa mobilizzata ai suoi danni;

    7) s'aderge, giustiziere inesorabile, contro tutte le turpitudini borghesi, e anche proletarie, fiero della sua onestà e della onestà dei suoi propositi;

    8) dichiara con sicura coscienza di essere il più legittimo e preparato successore dello Stato borghese-liberale putrescente;

    9) prepara le sue imbattibili falangi per la suprema ora (che potrebbe anche da un momento all'altro scoccare);

    10) elabora, infine, genialmente, nel crogiuolo mentale dei suoi migliori cervelli, i principi dottrinari che dovranno rinsanguare totalmente l'anemica intellettualità politica nazionale che oggi si dibatte in una crisi insanabile.





    Questi capisaldi fascisti non possono essere onestamente oppugnati dagli avversari che, non vivendo in mezzo a noi e non conoscendoci se non superficialissimamente, creano con la loro fantasia un Fascismo di maniera, di comodo, di moda e non di realtà.

    Il Fascismo è invece un fenomeno storico troppo complesso per poter essere esaurientemente vagliato, studiato e analizzato: e questo mi sembra di avere dimostrato nel mio ultimo volume di esegesi e di coltura.

    Ozioso poi, è, a mio modesto avviso, polemizzare circa il "mussolinismo".

    Mussolinismo e Fascismo sono la medesima cosa. Un uomo di grandissima intelligenza e sapere ha il diritto (ed i suoi seguaci hanno il dovere di accettarlo) d'imporre ad un movimento da lui divinato e creato, il proprio nome per le necessarie identificazioni storiche di paternità. Come il marxismo è insieme socialismo e comunismo, ed il leninismo è... bolscevismo o massimalismo>, così il fascismo è mussolinismo e viceversa. A questa fatale legge storica, non si può sfuggire. Tutti i grandi rivolgimenti politici, sociali, spirituali, religiosi, economici dell'umanità sono infatti legati al nome di chi prima li intuì, li iniziò, e li portò, forte della sua fede e della verità insegnata, al più radioso trionfo.

    È inutile pertanto (altrimenti ci si potrebbe accusare di fare sfoggio di facile erudizione a buon mercato) tentare una scorribanda nei secoli per comprovare ciò che è evidente e ciò che è incontrovertibile. Il Partito, l'Idea, il Movimento, sono incarnati in Mussolini, artefice della riscossa degli spiriti e delle coscienze che salvò già il Paese durante l'imperversare del bolscevismo (avente buon alleato il nittismo rinnegatore di Vittorio Veneto).

    Ecco perché il fascismo è rivoluzionario (ciò non sembri paradossale) e nazionale ad un tempo. La rivoluzione, sì, ma per il bene e la grandezza della Nazione.

    Ai critici inesorabili del Fascismo, ripetiamo, e con orgoglio tutto italiano, la sublime nostra fede: L'Italia innanzi tutto e sopra tutto!

    Il Fascismo vince, il Fascismo regna, il Fascismo impera.

    Grazie dell'ospitalità.


PIETRO GORGOLINI





II.

    L'articolo così violentemente incriminato da Belli e da Gorgolini era tentativo di valutare il fascismo nella sua realtà, che non può essere solo nei qualsiasi presupposti programmatici, ma - come per ogni altro fenomeno storico - li supera e li travolge. La valutazione non era naturalmente né esauriente né definitiva (come fermare e schematizzare la storia?), ma non è presunzione troppo grande l'affermare - di fronte ad accusa di preconcetti e superficialità - che si era esaminato ogni aspetto pratico e teorico del fascismo - se questo non avessi fatto, non avrei scritto.

    Come già prima Belli - Gorgolini non infirma con alcuna seria obbiezione il mio studio (e ad esso ogni critica deve riferirsi, e non solo alla breve risposta al Belli che lo presuppone) - liquidatolo con poche violente parole, riafferma entusiasticamente in dieci punti i capisaldi del fascismo: che il fascismo voglia identificarsi con quei capisaldi (e non sono forse anch'essi, in un certo modo, come ogni programma approssimativo, falsificazione della realtà?) potrei anche accettare, ma ad infirmare una critica non basta una riaffermazione dogmatica.

    Chi pare invece non voglia accettare i punti di Gorgolini è, proprio, il fascista Piero Belli. Vorrei si accordasse l'affermazione di Gorgolini "Mussolinismo e fascismo sono la medesima cosa" con quella di Belli: "Il fascismo - ohimè!... - non è il mussolinismo".

    Ma è ora di chiudere l'inutile appendice polemica, che ha avuto soltanto l'effetto di dimostrare nei fascisti quelle incertezze e quella impreparazione che noi avevamo prima indicata.


m. l.

III.

    Egregio Sig. Gobetti,

    Mi consenta - per la parte che mi concerne - una (sebbene un po' tardiva) risposta alle sue note critiche del 28 maggio (in Letture sul fascismo).

    Ella ha cercato nella mia introduzione alla raccolta sul fascismo, ed in alcuno degli scritti dei collaboratori, qualcosa di diverso da ciò che era negli intendimenti della collezione stessa: la quale - precisamente come il numero speciale di Rivoluzione Liberale, dedicato allo stesso argomento - non voleva essere che un contributo alla comprensione e critica storica del fascismo. Per ciò io avevo chiesto ai miei collaboratori dei diversi partiti di presentare la visione e valutazione che ognuno di essi, movendo dal proprio angolo visuale, si formava del fenomeno storico in corso; non di tracciare un programma d'azione al proprio partito. Non ha forse inteso, nello stesso modo, anche La Rivoluzione Liberale, nel suo numero speciale, di compiere un'analisi critica (la quale in più punti viene a coincidere con quella del Missiroli e con la mia) senza volgersi affatto ad indicare un programma d'azione ai liberali?





    Ora come sarebbe fuor di luogo rimproverare al Suo giornale di non aver tradotto né in azione né in teoria per il proprio partito quella, che voleva essere soltanto analisi critica dell'azione e della teoria di altro partito, così non è il caso di rimproverare al mio scritto Per la comprensione storica del fascismo la mancanza di "un imperativo di lotta e di più virile coscienza, onde maturare le masse al ritmo della storia".

    Non c'è nel mio, come non c'è nel vostro studio un programma d'azione, perché ciò era affatto estraneo agli intenti che entrambi ci eravamo proposti: storici e non pratici. E trarre da ciò la supposizione che al processo attivo del rovesciamento della praxis io abbia sostituito uno spirito di adattamento alla realtà, è un errore di interpretazione, che fa anche scambiare per consigli e suggerimenti talune mie semplici previsioni di fatti.

    Nel mettere in rilievo un graduale ravvicinamento delle classi medie al proletariato, io non volevo affatto "suggerire l'unico rimedio preventivo al fascismo"; ma notare invece un elemento di scomposizione interiore del fascismo stesso (traevo per ciò dalla chimica la espressione metaforica del reagente), nel quale prevedevo il futuro separarsi e divergere di schiere prima unite. Che potrà anche essere una previsione errata - io non lo credo - ma che secondo me è la risposta, che la prossima realtà storica darà all'acuto dilemma di Missiroli: o verso la democrazia e la necessaria riconciliazione col socialismo, o verso un'impossibile reazione.

    Io credo che talune schiere (cioè gli elementi delle classi medie, e quei sindacati agricoli emiliani che sotto la inesorabile pressione della realtà stan riproducendo - oggi verso gli altri lavoratori, domani, inevitabilmente, verso gli agrari - le forme d'azione già rimproverate alle leghe rosse) prenderanno la prima via; altre (le falangi degli agrari e degli esercenti) tenteranno di ostinarsi nella seconda.





    Ma tenteranno invano. E questo significava l'altra mia previsione, dell'utopia antiproletaria destinata dal suo contrasto con la realtà storica a cadere; utopia che io ravvicinavo non - come La Rivoluzione Liberale mi fa dire - ad una utopistica pretesa del marxismo (nel quale anzi io veggo la più profonda coscienza della realtà storica) ma a quella del massimalismo nostrano di poco felice memoria.

    La critica, "capace di illuminare la lotta pratica" per il partito socialista, secondo me si deve compiere sopratutto sul terreno del suo proprio essere e dei suoi propri atteggiamenti e indirizzi teorico-pratici: nella critica di sé stesso, ben più che in quella degli altri, ogni partito deve ricercare l'orientamento e le norme all'azione. Ed io non credo di essere rimasto inconsapevole di simile esigenza, né di aver mostrato su questo terreno di preferire "uno spirito di adattamento alla realtà" al rovesciamento della praxis. Qualcosa potrebbero ricordarne forse anche quelli, tra i lettori di Rivoluzione Liberale, che siano stati già assidui di Energie Nove.

    Mi abbia, con tutta cordialità suo


R. MONDOLFO.

    Bologna, giugno 1922.

IV.

    In R. Mondolfo noi intendiamo criticare non il caso di coscienza di uno studioso, ma la posizione di incertezza di un partito, indeciso tra le premesse rivoluzionarie e le difficoltà dell'azione. Un uomo di partito non può dare degli stessi fatti politici due valutazioni una per sé e una per il partito; il suo giudizio della storia che si fa non può essere contraddittorio con la sua posizione pratica. Infatti Mondolfo critico del fascismo non è in contraddizione con l'atteggiamento dei socialisti di fronte al fascismo: studio e pratica si concretano in una fondamentale inerzia; l'autocritica, giustamente raccomandata dal M., non genera lotta operosa; la formidabile unità di Marx tra pensiero e azione si riduce e si realizza a un più tenue livello di forza politica. Noi non c'ingannavamo dunque prendendo il M., ad esempio e simbolo dell'inerzia e dell'immaturità in cui si trovano i socialisti di fronte ad un fenomeno come il fascismo che essi agevolmente avrebbero dovuto stroncare se avessero avuto una specifica volontà politica.


p. g.