LA RIFORMA DELLA LEGGE COMUNALE E PROVINCIALE

    È cominciata parzialmente ad andare in vigore, e col 1 luglio dovrà avere piena attuazione, la riforma della legge comunale e provinciale approvata con Decreto 30 dicembre 1923 N. 2839.

    Dell'opera legislativa del nuovo Governo e del nuovo regime, la quale, secondo le affermazioni nel neo-barone, suo principale collaboratore, può essere paragonata all'opera della rivoluzione francese, ma soltanto per mettere in evidenza la maggiore rapidità e organicità della nuova legislazione fascista: di quest'opera immane la riforma della legge comunale e provinciale avrebbe dovuto essere una delle più importanti, perché investe gli organi e le funzioni vitali della nazione e regola i rapporti fra questi organi, cioè fra gli enti locali e lo Stato.

    Non occorre poi una competenza specifica sull'argomento per sapere che quando si parlava della necessità di riforme dell'organizzazione statale e dell'amministrazione, uno dei punti sui quali maggiormente si ritornava e si insisteva era il decentramento (parola nella quale si confondevano almeno due cose diverse fra loro per natura e per importanza), l'autonomia degli enti locali, l'abolizione di organi inutili, fra i quali si citavano le sottoprefetture e il Consiglio di Prefettura.

    Sarebbe quindi parso legittimo, a chi avesse atteso in questo campo conseguenze corrispondenti alle premesse, ritenere che il nuovo decreto avrebbe portato uno sconvolgimento radicale specialmente nella costituzione e nelle funzioni dei cosidetti enti antarchici. Vedremo invece come, per un singolare caso ironico, la riforma che molti, ripetendo un luogo comune, facevano consistere quasi unicamente nell'abolizione delle Sottoprefetture, si sia ridotta quasi unicamente alla creazione di nuove Sottoprefetture.

    Per esaminare il nuovo decreto, seguiremo la traccia della relazione di S. E. il Ministro segretario di Stato per gli affari dell'interno, secondo la quale il progetto raggiunge i fini che si propone con tre mezzi: il decentramento burocratico, il decentramento istituzionale e la riforma degli ordinamenti comunali.





Decentramento burocratico

    È noto che il decentramento burocratico consiste nel trasferimento di funzioni dagli organi statali centrali a quelli periferici. Questo trasferimento può avere una certa utilità pratica unicamente per la maggiore rapidità dell'azione amministrativa, ma non tocca né la costituzione degli organi né i rapporti fra gli organi statali e l'amministrazione degli enti locali, sicché non può stupire che lasciasse indifferente il Cattaneo, la mente che vide con maggiore chiarezza e concretezza il problema delle autonomie locali, e che meglio ne seppe valutare la fondamentale importanza.

    Il decreto, nella parte concernente il decentramento burocratico, ha principalmente per oggetto le funzioni delle sottoprefetture, delle quali saranno "ridotte nel numero quelle esistenti di scarsa importanza amministrativa o politica" e altre invece ne saranno istituite anche nel circondario sede del capoluogo di provincia. Non essendo ancora attuata la riforma, non è possibile precisare quante sottoprefetture saranno abolite: si sa invece che dovranno esserne istituite 76, e si può quindi ragionevolmente presumere che per questa parte la riforma, anziché giungere a una riduzione di organi burocratici, porterà a un notevole aumento di essi.

    Questo risultato è stato una conseguenza dell'idea di istituire localmente due gradi per i ricorsi gerarchici, il che non si sarebbe potuto ottenere se anche nel circondario sede del capoluogo della provincia non fosse esistita la sottoprefettura. E' presumibile che col nuovo sistema, essendo decisi i ricorsi di secondo grado dal Prefetto anziché dal Ministero, essi abbiano una trattazione e una decisione più rapida; ma è discutibile se il raggiungimento di un fine così limitato, dato lo scarso numero dei ricorsi, giustificasse l'istituzione di tanti organi nuovi.





    Quanto al passaggio ai sottoprefetti di funzioni, prima attribuite dalla legge ai prefetti, esso è certamente utile e razionale, e solo in tal modo può essere legittimata l'esistenza delle sottoprefetture. Non bisogna però nascondere che solo apparentemente un tale trasferimento è un portato del nuovo decreto, giacché, fosse o no legale la cosa, anche per il passato, nella pratica, i sottoprefetti esercitavano, per delegazione dei prefetti, la maggior parte delle funzioni che saranno ora attribuite loro di diritto. In gran parte quindi la nuova legge non farà che sanzionare giuridicamente uno stato di fatto.

Decentramento istituzionale

    Di una vera e sostanziale riforma, questa sarebbe stata la parte essenziale.

    Invece in questa materia le innovazioni si potrebbero dire introdotte "per debito di ufficio", tanto per dire che si è fatto qualcosa, dopo tanto parlare. Alla regione non si accenna nemmeno più, e la Provincia, oltre ad occuparsi delle strade e dei manicomi, sue quasi uniche funzioni per l'addietro, provvederà anche "all'assistenza dei tubercolotici, dei ciechi e dei sordomuti in quanto non provvedano i consorzi o altre istituzioni autonome".

    Una certa importanza, che solo potrà essere giudicata dall'applicazione pratica, può avere la facoltà accordata ai Comuni di unirsi in consorzio fra di loro o con la Provincia, per provvedere insieme ai pubblici servizi e alle provincie di riunirsi in consorzio per provvedere a servizi di comune interesse.

    È questo un germe che potrebbe avere benefico sviluppo, se fosse seminato in terreno adatto, ma che ha poca probabilità di dar fiori e frutti in un ambiente statale impregnato di spirito gerarchico militare e dittatoriale.





Riforma degli ordinamenti comunali

    Il nuovo decreto, a quanto si legge nella relazione tende a due effetti: "ad accrescere l'autonomia del Comune e a semplificarne l'azione per darle prontezza ed agilità."

    In questo campo sono state abolite molte formalità il cui effetto utile non corrispondeva certamente al lavoro necessario per compierle, e riuscirà specialmente un notevole alleggerimento dell'opera degli uffici comunali la soppressione dell'obbligo di inviare al prefetto o al sottoprefetto le deliberazioni prima soggette al visto. Si ha anche una molto timida attuazione dell'idea della classificazione dei Comuni, cioè della graduazione della tutela e dell'ingerenza governativa a seconda dell'importanza del Comune.

    Alla soppressione di qualche formalità burocratica fanno però riscontro "i sostitutivi necessari" per "le guarentigie indispensabili, a tutela della legge, del patrimonio degli Enti locali, e dell'interesse superiore dello Stato". E, messo a confronto ciò che è tolto con ciò che è aggiunto, sarebbe molto arrischiato dedurne che l'autonomia dei Comuni sia realmente accresciuta dalle nuove norme.

    Infatti, se nulla vi è da eccepire al "sostitutivo" che consiste nel dar maggiore rilievo alle opposizioni delle minoranze, perché esso tende a limitare la tutela e l'ingerenza governativa ai casi in cui è chiesta da una parte degli stessi interessati, non altrettanto può dirsi dell'"aggravamento delle sanzioni repressive", il cui effetto, secondo ogni ragionevole presunzione, sarà di aumentare la già eccessiva ingerenza politica del Governo nel funzionamento delle amministrazioni locali.

    Particolarmente pericolosa, perché facile a pretesto, ad arbitrii, la disposizione dell'art. 105, in base alla quale "quando ricorrano motivi di urgente necessità, il Prefetto può, in attesa del Decreto Reale di scioglimento, sospendere i Consigli comunali e provinciali, provvedendo per la provvisoria amministrazione, a termini dell'articolo 102", cioè "a mezzo di appositi commissari".





    Con un articolo così concepito, siccome solo il Prefetto è in facoltà di valutare se "ricorrano i motivi di urgente necessità", l'esistenza delle amministrazioni comunali dipende unicamente dalla volontà o dall'arbitrio del Prefetto. Teoricamente si può supporre il caso che un'amministrazione sospesa dal Prefetto non sia poi sciolta dal Governo, ma normalmente l'atto preventivo del Prefetto costituirà una specie di vincolo morale per il Governo e quindi il decreto reale di scioglimento non sarà ordinariamente che una sanzione formale di un atto già avvenuto. Ciò posto, fra una maggiore libertà di movimenti e, del resto non eccessiva, e l'aumentato pericolo di perdere violentemente, in qualsiasi istante, l'esistenza stessa, quando si incorra nel disfavore del Prefetto, non pare dubbia la scelta e si può quindi affermare che col nuovo sistema l'autonomia dei Comuni è più malsicura e minacciata che con l'antico. E ciò non deve far meraviglia, perché la gerarchia com'è intesa dalla pseudo-dottrina, che ispira il nuovo regime, non può tollerare né concepire che qualcuno - individuo o ente - viva di vita propria e non sia continuamente alla mercé delle gerarchie supreme.

    Riassumendo, il decentramento burocratico attuato dal nuovo decreto ha per effetto principale l'istituzione di nuovi organi burocratici; il decentramento istituzionale si riduce a una limitatissima estensione di funzioni della Provincia, e neppure si riesce a capire perché sia chiamato decentramento istituzionale, non vedendosi quali funzioni, siano state "decentrate" dal centro, cioè dallo Stato, alla Provincia; la riforma degli ordinamenti comunali sopprime utilmente alcune superflue e ingombranti formalità burocratiche, ma aggrava pericolosamente l'ingerenza governativa in senso minaccioso alla stessa libertà di vita delle amministrazioni comunali.

    La conclusione è che il concetto dell'autonomia non ha il valore di un distintivo qualsiasi che si mette all'occhiello o si leva, secondo che torna comodo: esso ha valore soltanto se è alla base, se costituisce lo spirito informatore di tutta una mentalità. E d'altra parte è vano aspettare il decentramento istituzionale da una riforma o da una legge. L'autonomia, l'autarchia saranno una cosa viva e non una parola vuota di sostanza quando saranno sentite dagli enti locali, quando diventeranno un loro programma e una loro conquista, quando la libertà e l'autonomia rappresenteranno per le amministrazioni locali questioni di dignità e di vita. Tutte cose alle quali naturalmente é inutile pensare in regime paternalistico e casermistico.

travetson.