ANNESSIONISe l'annessione di Rodi importi sacrifizi e quali, se sia in relazione e come con la questione del Giubaland noi finora non sappiamo, né il comunicato del 19 settembre dell'Agenzia Volta, è il più adatto a diradare i possibili dubbi e a rimuovere i manifestati timori. Il comunicato dell'Agenzia Volta pare rassicuri soltanto circa il mantenimento dell'integrità del Dodecanneso, laddove, citati gli articoli 15 e 143 del Trattato di Losanna, conchiude che, avendo l'Impero Britannico, la Francia, l'Italia e il Giappone depositato l'istrumento della loro ratifica, dal 6 agosto 1924 "la sovranità dell'Italia su tutte e su ognuna delle isole del Dodecanneso è piena ed assoluta". L'art. 15 del trattato di Losanna non è altro che l'art. 122 del Trattato firmato a Sèvres il 10 agosto 1920 (Sezione XI, p. 246-50 del testo ufficiale). Tale art. 122 sancisce: "La Turchia rinuncia in favore dell'Italia a ogni diritto e titolo sulle seguenti isole del mare Egeo: Stampalia, Rodi, Calchi, Scarpanto, Casso, Piscopo, Misiro, Calimbro, Lero, Patmo, Lipso, Simi, e Cos". Se l'Italia per procedere all'annessione di Rodi (anche del Dodecanneso?) dovrà sostenere immediati sacrifizii, sottostare a immediate rinunzie, è cosa questa che non si tarderà a conoscere; e allora si potrà vedere se il giuoco sarà valso la candela. I fattori che assicurano a una nazione il possesso d'una colonia, sono due (e non di natura giuridica, ma a carattere spiccatamente coercitivo) cioè la forza militare e l'equilibrio politico. Quando questi due fattori vengono meno, la colonia si perde; si perde anche (e la perdita è naturalmente più umiliante e dolorosa) se preesiste annessione. Giacché l'annessione è una formalità a contenuto giuridico-amministrativo, è un atto di legittimazione nel senso del diritto internazionale, che in sostanza non modifica in nulla lo stato di fatto dell'occupazione e dello sfruttamento della colonia, e presuppone più che mai la coesistenza della sufficiente forza militare e dell'accorto equilibrio politico. Il pieno consenso del popolo indigeno è fuori dell'esperienza; può essere vero soltanto per ipotesi e in teoria. Ma anche se fosse una realtà, conterebbe poco e non avrebbe valore decisivo nel giunco delle forze internazionali. È stato osservato giustamente in questi giorni che quando l'Inghilterra volle annetterlo all'Impero, perdette l'Egitto. E ciò si spiega. L'annessione mentre esalta lo spirito nazionalistico del popolo occupante e lo rende più imprudente e baldanzoso, per converso umilia, indispettisce e mette in fermento il sentimento nazionale degl'indigeni. Questo fermento o per forza propria o perché sostenuto e sfruttato con accortezza da Potenze che vi hanno interesse, può creare un mondo di grattacapi, preoccupazioni e dispendii alla nazione occupante e portarla fino alla perdita della colonia. Nel caso di Rodi, p. es., naturalmente non preoccuperebbero molto gli indigeni. Ma l'annessione toccherebbe le suscettibilità della Turchia e della Grecia. Potenze interessate, date certe contingenze, nel presente o nel futuro potrebbero acuire e sostenere quelle suscettibilità. In breve, l'atto giuridico-amministrativo dell'annessione, non solo non impedisce le attività avverse dei popoli indigeni e delle Potenze poco amiche, ma le agevola e facilita. L'annessione ha un'effettiva efficacia ed è spesso necessaria come procedimento di legittimazione nel senso del diritto internazionale, quando si tratta di provincie europee (per es. l'annessione del Tirolo tedesco all'Italia), per quanto rimanga sempre una forma e un mezzo di rapacità pericolosissimi (per es. l'annessione dell'Alsazia Lorena alla Prussia, nel 1871). Ma allorché l'annessione cade su regioni orientali, etnicamente mussulmane, islamitiche, il fatto riesce sempre gravido delle più dure conseguenze (es. Inghilterra ed Egitto). Affermò una grande verità chi disse che in Oriente si resta più facilmente col provvisorio che col definitivo. L'annessione reca al popolo indigeno l'onta del definitivo, la minaccia che la sua nazionalità sarà annientata, minaccia espressa senza possibilità d'equivoci con un atto solenne di volontà definitiva. L'occupazione di una colonia, il più delle volte si giustifica dinanzi al mondo e dinanzi agl'indigeni, col solito pretesto che si vuole valorizzare la colonia nel senso del progresso, della civiltà e del benessere. E dal punto di vista del capitalismo ciò può esser anche vero. Ma l'annessione toglie qualunque consistenza a quel pretesto, a quelle finzioni e simulazioni morali che celano lo spirito dell'imperialismo e del vampirismo. Gl'indigeni si trovano da un giorno all'altro di fronte a un fatto che non ammette dubbi, che apre loro gli occhi, che li rattrista, che li umilia e li minaccia apertamente nell'essenza della loro nazionalità ch'è poi la stessa loro confessione religiosa e con questa s'identifica. Vale a dire il sentimento nazionale e di razza dell'Orientale, non si è ancora, come in occidente, individuato, laicizzato, reso autonomo e separato dal contenuto, dal sostrato religioso. Il non aver tenuto nel giusto conto una simile imprescindibile realtà, ha condotto la politica coloniale dell'Italia, a gravi errori. A proposito della Tripolitania era nel vero chi osservava qualche anno fa come abbiamo impiegato "nella nostra espansione dai piedi di argilla (Garroni), tanti mesi e giorni quanti anni aveva messi, in un suo lento cammino, nella vicina Nord-Africa, la Francia bellicosa". Così pertanto si spiega come le nostre colonie rappresentano una passività economica e qualche cosa di peggio d'una spada di Damocle. Le ragioni per le quali si ricorre ad atti annessionistici, pochissime volte assurgono a necessità storiche. Per lo più si possono ricercare in motivi e contingenze di politica interna. I Governi spesso strombazzano l'annessione di qualche colonia per gettare polvere negli occhi della piccola borghesia che pur essendo la meno interessata alla politica coloniale, abbocca all'amo, condannata com'è da Domeneddio a non vedere mai oltre la punta del naso. Altre volte non si tratta che del delirio di grandezza di qualche ministro degli esteri; più sovente sono le pressioni della plutocrazia, quelle che trascinano ad atti annessionistici. Le annessioni sono incentivi di torbidi coloniali e internazionali; e spesso la sola possibilità e la sola minaccia di questi torbidi è fonte di grande lucro per certe industrie e per certi speculatori dell'alta finanza. L'annessione di Rodi, adunque, se avverrà, anche se non comporti rinuncie, non potrà costituire oggetto di successo diplomatico nel senso solito della parola; non foss'altro perché l'atto formale dell'annessione per la sua stessa natura, non costituisce materia di successo e assai di rado è sintomo di politica avveduta. GIUSEPPE CAPPA
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