LA "BASSA" MODENESE

    La bassa modenese é una delle zone della Valle Padana, nella quale si affermò, prima che altrove, il socialismo. Finale Emilia, Suzzara e Gonzaga furono le prime roccheforti del nuovo movimento che ebbe a primi propagandisti C. Prampolini, E. Ferri, G. Agnini.

    Facilitò la rapida affermazione socialista la crisi, che nell'ultimo decennio del secolo scorso colpì rudemente l'agricoltura della Bassa Modenese. I proprietari, per la maggior parte latifondisti, non sapevano staccarsi dai sistemi tradizionali dell'agricoltura estensiva; delle grandi opere di bonifica allora iniziate non sapevano valutare altro che i gravami fiscali; non concepivano altra possibilità di guadagno se non attraverso ad un'esosa compressione economica e morale del proletariato agricolo.

    Il socialismo s'affermò rapidamente perché la sua predicazione fu accolta come qualcosa di messianico dalle plebi stanche del lungo servaggio. I più colti ed evoluti tra i proprietari non lo combatterono o lo favorirono, comprendendo come la spinta della classe operaia avrebbe in breve costretto i latifondisti ad industrializzare le loro aziende sotto pena d'essere del tutto eliminati.

    Quando i socialisti ebbero conquistato, intorno al 1900, la maggior parte delle amministrazioni pubbliche della Bassa, quando fra di loro incominciò a costituirsi una piccola borghesia di artieri, di commercianti e di agricoltori divenuti proprietari di un modesto campicello, incominciò ad affermarsi vigorosamente la corrente sindacalista. Ottavio Dinale la capeggiò tra il 1900 ed il 1905, Filippo Corridoni dal 1909 al 1912.

    Fu questa massa di braccianti agricoli, educata per lunghi anni dalla propaganda sindacalista dell'azione diretta, la quale, entrando nell'immediato dopo guerra nei quadri dell'organizzazione socialista, diede un carattere nettamente rivoluzionario alla politica operaia della Bassa Modenese. I gruppi riformistici dei fedeli alla tradizione di Agnini e Prampolini furono travolti, il loro cooperativismo dovette piegarsi ai voleri delle masse desiderose di sperimentare la tanto conclamata azione diretta.

    Contro il socialismo i popolari non poterono schierare, nella Bassa Modenese, grandi forze, ma soltanto piccoli nuclei di minoranza. Fieri delle loro idee, fermi nei loro principii, essi erano incapaci per il loro scarso numero e la poca forza economica di compiere un'azione di rovesciamento della situazione.





    I grossi proprietari, i grandi fittabili, che da circa vent'anni avevano lasciato quasi completamente mano libera al socialismo, si riscossero quando nella vicina provincia di Ferrara incominciò ad affermarsi il Fascismo, quando ebbero la sensazione che la piccola borghesia delle cittadine e dei paesi era stanca della dittatura, spesso incoerente e ovunque pesante, del proletariato agricolo, quando i piccoli proprietari coltivatori, nelle prime sporadiche azioni capeggiate dai popolari, incominciarono a resistere ai voleri delle organizzazioni rosse.

    La reazione fascista, finanziata dai latifondisti da lunghi anni esclusi da ogni partecipazione alle pubbliche amministrazioni, fu opera sovratutto della piccola borghesia degli artigiani, dei piccoli proprietari.

    Costoro, che speravano attraverso al fascismo di riconquistare quelle posizioni che avevano vent'anni prima raggiunto capeggiando i primi moti socialisti e che nel dopoguerra la massa proletaria aveva loro strappato, videro in breve svanire il loro sogno.

    Col fascismo la Bassa modenese è tornata sotto al dominio assoluto degli "agrari" e la piccola borghesia v'è tollerata soltanto se disposta a rendere omaggio ed a prestare servizio ai latifondisti ed ai grossi fittavoli.

    Gli agrai tornati al potere dopo vent'anni hanno dimostrato come alle volte la servitù non insegni a governarsi ed a governare.

    Le cronache dei giornali hanno avuto scarse occasioni di occuparsi di ciò che accade nella Bassa Modenese dal 1921 in poi, tanto il terrore domina sui molti che hanno sofferto, che sanno e che non osano parlare. Soltanto quando i fatti sono stati così gravi come il delitto scoperto a Mirandola l'anno passato, l'omertà di certe bande terroristiche è stata spezzata. Di fronte ad un delitto del quale si sono scoperti gli autori, molti e molti altri se ne annoverano la cui istruttoria giudiziale è stata chiusa perché non identificati i responsabili, molti e molti altri dei quali né il pubblico né la giustizia ha avuto sentore.





    Per dimostrare quali fossero le condizioni di vita che il fascismo agrario della Bassa consentiva agli avversari basti questo esempio. A Finale Emilia nelle ultime elezioni, su circa 3000 vitanti, una cinquantina soltanto osarono votare per la lista unitaria. Tutti costoro vennero identificati mercé il famoso terno inventato dal Prefetto di Bologna, tutti vennero regolarmente puniti dalla giustizia fascista, nessuno osò ricorrere alla... giustizia dello Stato, conoscendone l'impotenza e ben sapendo delle rappresaglie che certamente avrebbero colpito i malcauti denunciatori.

    La stabilità della dominazione del fascismo agrario nella Bassa Modenese è, però, tutt'altro che assicurata.

    I braccianti sono entrati nelle Corporazioni fasciste in massa, spesso cogli istessi capilega che li dirigevano ai tempi della dominazione rossa. Essi, pur nelle corporazioni fasciste, hanno conservato tutte le idee che un decennio di propaganda sindacalista loro aveva instillato. Ed oggi incominciano ad agitarsi perché i latifondisti, appena riconquistato il dominio, hanno voluto ridurre il carico della mano d'opera che le organizzazioni socialiste avevano imposto e tendono a limitare sempre più il numero degli operai impiegati nelle loro aziende.

    La piccola borghesia, formata in parte alla tradizione del partito d'azione garibaldino, in parte alla tradizione democratico-cristiana, sente ormai di non avere e di non poter avere nulla in comune colla politica rigidamente classista del fascismo agrario.

    I combattenti, che già sui primi del 1923 avevano tentato un movimento di riscossa, sono nella enorme maggioranza colle forze della opposizione.





    Nelle cittadine e nei paesi si va delineando vigorosa una corrente democratica, non ancora organizzata ma già forte pel consenso dei ceti più colti, mentre il fascismo agrario giorno per giorno sta svalutandosi attraverso l'opera de' suoi maggiorenti. Cittadine e paesi che costituirono nel 1921 e 1922 altrettante roccheforti dalle quali il fascismo mosse alla conquista delle campagne, sono oggi, almeno spiritualmente, perdute per il fascismo, costretto a farsi, non già rurale, ma... campagnuolo addirittura.

    Sola forza che ancora sostenga l'impalcatura fascista è l' organizzazione armata. Una delle bande della Ceka agraria, che operavano in tutta la Bassa modenese e nell'Oltrepò mantovano, è stata immobilizzata quando, a seguito del delitto di Mirandola, ne venne arrestato il capo, consigliere provinciale e sindaco di Finale Emilia. Altre ne restano, le quali, non osando ancora gli avversari del fascismo di intraprendere alcuna azione palese, si esercitano prestandosi... a dirimere e liquidare alla maniera fascista le contese private.

    Frattanto la disoccupazione tra i braccianti agricoli è fortissima, né bastano i grandi lavori delle bonifiche ad assorbirla. Le istituzioni di collocamento, e di previdenza o non esistono o non funzionano, talché gli uffici governativi non ricevendo più da esse alcuna comunicazione, possono affermare che nella Bassa modenese non esiste disoccupazione.

    La grande proprietà, non più pressata dalle richieste del proletariato sempre impedito in ogni agitazione, non più sollecitata a produrre meglio e più abbondantemente dagli alti salari operai, ritornata arbitra assoluta del mercato della mano d'opera e di tutto l'organamento economico di questa fertilissima regione, sta ritornando a poco a poco verso i sistemi della cultura estensiva, da lungo tempo, e fortunatamente abbandonati.

FRANCESCO LUIGI FERRARI