POLITICI D'OGGIVANDERVELDENell'enorme rivolgimento interno degli Stati, non dovunque ugualmente appariscente ma dappertutto profondo, ch'è stato come il contraccolpo della guerra e che ha obbligato uomini e partiti - appunto per essere coerenti a se stessi; ai loro fini ideali e alla realtà delle cose - a mutare formalmente atteggiamenti, emerge, tra gli altri, sullo sfondo del paese più contristato dalla guerre, Emilio Vandervelde. Il piccolo Belgio ha dato, per molti anni, al movimento socialista uno dei più cospicui concorsi di iniziative, di esempi, di scritti, di uomini e di esperienze. De Paepe, Bertrand, Anseele, Denis, De Greef, Destrèe e più altri, sono gl'indici di un'azione organizzatrice, letteraria, politica, onde, nel confluire di varii indirizzi e tendenze, è uscito un partito vigoroso per istituzioni e per forza politica, per manifestazioni intellettuali e sapiente raccolta e impiego di mezzi. Ma Emilio Vendervelde, che fra tutti questi è degli ultimi venuti - se anche da lungo tempo militante nel partito - ne appare la figura oggi più rappresentativa; non tanto forse per la sua eloquenza e le sue doti personali, quanto per una sua larga comprensione delle cose, riflessa in un felice eccletismo, in cui si riassume il lungo, vario, tenace sforzo del movimento socialista belga verso la sua ultima e più consistente configurazione. Il movimento socialista belga, non è antico come l'inglese o il francese o il tedesco; ma non è neppure sorto d'un tratto per importazione o sovrapposizione, come in certi altri paesi: non è nemmeno cominciato da ceti superiori, intellettuali, per propagarsi, fermato o deformato, agli strati inferiori. È stato un movimento lento, spesso modesto, sempre pratico e positivo, che nelle difficoltà ha cercato l'ammaestramento, negli ostacoli il tirocinio, nell'esperienza la forza; e così a poco a poco per opera propria, pur senza schivare nè esorcizzare le alleanze, si è costituita una struttura economica che gli ha dato l'indipendenza ed una preparazione per maggiori cose, e si è conquistati diritti politici sopratutto per la sua redenzione morale e spirituale. E' una vecchia associazione di tessitori, la Broederlijke Wevers Maatschappij, la sola, tra quelle oggi esistenti, anteriore alla fondazione dell'Internazionale, che nel 1880 dette origine alla celebre cooperative Vooruit, divenuta a sua volta il perno del partito socialista fiammingo e l'appoggio e lo impulso del partito operaio. Ma questo doveva evolvere ed uscire da un concorso di molteplici fattori, ora in lotta ora associati, che in quel rinnovamento della vita economica e politica del Belgio preparavano con la nuova vita un nuovo partito. Il movimento operaio, risentendo l'influsso dell'Internazionale tendeva a districarsi dai termini troppo ristretti delle fabbriche di Gand, per assumere un carattere sempre più schiettamente socialista. Il movimento cooperativo si estendeva e si consolidava, assurgendo a finalità sempre più alte col rendere le istituzioni economiche base e strumento di una continua elevazione morale e intellettuale. Scrittori come V. Arnould, Hector Denis, G. De Greef, professanti le teorie di Proudhon sulla proprietà e seguaci della filosofia positiva, tendevano a dare al socialismo un intenso contenuto morale, per cui dovesse gareggiare con la Chiesa in un'opera di propaganda diretta a conquistare anime e cuori. Il partito liberale, dove si erano venuti confondendo anticlericali, democratici e socialisti, entrava in crisi. Il Vandervelde e il Destrée, che oltre ad essere stati ferventi apostoli del movimento socialista, nel loro paese, hanno voluto anche divenirne gli storici amorevoli e diligenti, fanno risalire a Cesare De Paepe, teorico e volgarizzatore al tempo stesso, il merito di avere dato al movimento socialista belga il suo indirizzo presente, fondendo tanti diversi elementi e tendenze. "Questo programma del partito operaio belga - con tale nome si riorganizzava nell'aprile 1855 con la più schietta vitalità il Partito Socialista costituitosi nel 1879 - questo programma redatto dai discepoli del De Paepe - dicono il Destrée e il Vandervelde - veniva ad essere una transazione o piuttosto una sintesi delle dottrine che impegnarono lotte tanto furiose nei Congressi dell'Internazionale... Il socialismo teorico, nato dalla pietà, era rimasto separato dal socialismo pratico nato dalla sofferenza, di quanto erano spessi tutti gli strati sociali intermediarii. Occorsero lunghi anni, intessuti di dure prove, perché i pensatori e i proletari si ricongiungessero e si dessero la mano". Come è stato ben notato, il Belgio socialista, posto al punto d'intersezione delle tre grandi civiltà europee - la francese, l'inglese e la tedesca - venne ad avere un riflesso di ciascuna di esse. Improntava cioè agli Inglesi il self-help, l'associazione libera, principalmente sotto la forma cooperativa; ai Tedeschi la tattica politica e le dottrine fondamentali del Manifesto dei Comunisti; ai Francesi le loro tendenze idealiste, la loro concezione integrale del socialismo, concepito come il prolungamento della filosofia rivoluzionaria; "come una religione nuova, continuatrice e realizzatrice del Cristianesimo col farlo discendere in terra ancora irraggiato dal chiarore dei cieli". Uscito da questo stadio involuto della sua formazione e costituitosi come una forza politica, il Partito operaio intese tutto alla conquista del suffragio universale, mezzo per esplicare la sua azione parlamentare. A questa veramente il Vandervelde, pur contestando quelli che egli chiamava gli errori degli anti-parlamentari, non attribuiva una importanza nè assoluta, nè decisiva. "La stessa conquista del potere - egli diceva - non sarà che un episodio della rivoluzione sociale. È sopratutto per questa ragione che, secondo noi, conviene annettere alla lotta politica una importanza solo relative: per sè sola, anche coronata delle vittorie più smaglianti, essa non può darci la soluzione del problema sociale... In realtà un Parlamento non fa che registrare, tranne nelle questioni particolari, le nozioni che si aggiungono successivamente al pensiero collettivo di un popolo. Esso segue, spesso lentamente, l'opinione dominante del paese, non quale è espressa in scrutinii che talvolta la dissimulano soltanto, ma quale esiste realmente nelle anime contemporanee. Non vi è quasi esempio che una riforma legislativa abbia anticipato e determinato l'opinione che la giustificava... Ne risulta quindi che, salvo certi casi speciali, una manifestazione violenta, una sommossa, un colpo di Stato, sono impotenti a realizzare subitaneamente una rivoluzione. Si può con qualche barricata e qualche colpo di fucile far passare un paese dalla forma monarchica alla forma repubblicana, e ciò in mezzo all'indifferenza quasi unanime dei governati; ma la cosa è diversa quando si tratta della produzione e della ripartizione delle ricchezze". Penetrato di questa giusta concezione, Vandervelde, pur essendo battagliero e operoso in Parlamento, dove polemizzava e proponeva anche pratici disegni di legge di protezione degli operai e delle donne, esplicava fuori una alacre azione organizzatrice e di scrittore nei più varii argomenti della vita sociale. Marxista convinto, mentre cercava di ricollegare ai principii del marxismo i fenomeni sociali di cui intraprendeva lo studio, e cercava la chiave dell'evoluzione sociale nell'interpretazione materialistica della storia, si guardava molto bene dal dare a questa il senso pedestre e volgare, per cui gli ignoranti e i grossolani, contro i più chiari avvertimenti e le migliori applicazioni dei suoi autori, non consentono più all'uomo che gli istinti animali e rinnegano tutte le idealità di cui si abbella e feconda la vita, e che culminano appunto nel socialismo inteso come suprema forma di equilibrio e quindi di giustizia sociale. Non pago delle facili generalizzazioni, avverso alle improvvisazioni - a cui la formula non serve per meglio utilizzare la conoscenza della realtà, ma piuttosto per sostituire questa e quindi soffocarla - egli studiava la vita belga nelle sue manifestazioni particolari e concrete: nelle forme che andava assumendo la cooperazione e nella sua evoluzione avvenire (La coopération neutre et la coopération socialiste); nelle trasformazioni della produzione agricola e delle sue forme giuridiche per lo svolgersi della tecnica e dell'economia (Le sociatisme agraire); nell'attrazione che esercitano le città sulla popolazione rurale e nelle correnti reciproche che ne conguono (L'exode rural, Les villes tentaculaires); nelle degenerazioni delle società contemporanee determinate specialmente dalle forme di vita industriale (L'alcoolisme). Né restava estraneo alle più alte manifestazioni di vita sociale (L'art), o ai problemi religiosi (La réligion), che tanta importanza hanno pel Belgio, ove le stesse lotte politiche, per lunga tradizione, si colorano di tinta religiosa, e ove, in tempo non del tutto remoto, su 5778 scuole primarie ufficiali solo 153 non erano confessionali. Per indole e per educazione avvezzo ad una larga comprensione dei problemi, che gli faceva evitare gli errori e le manchevolezze delle vedute unilaterali, trovava il punto di congiunzione degli estremi in apparenza più discordanti; come quando gli accadde di conferire sul pericoloso tema dello sciopero generale a l'Ecole des hautes études sociales. Sopratutto non gli sfuggiva l'intuizione e la constatazione della realtà viva e operante; senza di che, pretendendo fare della politica si fa soltanto dell'accademia, spesso pericolosa, ed anche nefasta. Sono del 1903 - quando furono ristampate - e forse anche anteriori, queste sue parole: "Gli spiriti di corta veduta finiscono anche per credere, assai sinceramente, che la evoluzione delle idee, delle istituzioni e dei costumi di una nazione è senza importanza propria, e pensano che essa si determini, in certi giorni, con operazioni di aritmetica fatidica, le quali constatino ove sia la maggioranza e mettano capo alla conquista dei poteri pubblici da parte di alcuni uomini. Questa concezione non è la nostra, affrettiamoci a dirlo, per quanto in certi ambienti socialisti d'Europa essa è ancora solidamente accreditata e suscita critiche acerbe...". E quando il carezzato e coltivato ideale di pace è stato lacerato con la complicità dei più forti gruppi dell'Internazionale, e il suo paese è stato violato e manomesso, e il disegno audace di una prepotente egemonia ha minacciato il mondo di servitù, era naturale che Vandervelde si trovasse, col suo paese e con la guerra imposta dalla necessità e dall'onore, contro i nemici della libertà e del proprio paese, contro i politicanti, contro i piccoli speculatori delle fortune elettorali. E, a cinquant'anni, è divenuto ministro di un re, che gli si è associato per un'opera di bene; e, con o senza il re, potrà seguitare ad essere ministro domani pel meglio della causa, cui ha sempre servito, e del suo paese. Se, come soleva dire Francesco De Sanctis - e lo riferisce Giustino Fortunato in un suo bel discorso commemorativo, il migliore che si sia mai fatto del grande educatore - "la politica non è se non la esatta conoscenza delle condizioni di un paese, e uomo politico non è se non chi ha un concetto preciso dei mezzi adeguati per condurre un paese a stato migliore", pochi sono a ciò meglio indicati e preparati di Emilio Vandervelde. ETTORE CICCOTTI.
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