Democrazia e Liberalismo

    Democrazia senza libertà significa dittatura della maggioranza dei cittadini ossia una tirannia, e liberalismo senza democrazia è un puro concetto formale privo di qualsiasi contenuto.

    Alla parola "democrazia" corrispondono due diverse concezioni politiche; l'una secondo la quale il Governo, ossia il potere politico, non è e non deve essere che l'espressione della illimitata e illimitabile volontà della maggioranza dei cittadini; l'altra, la quale sostiene che i popoli, giunti ad un alto grado di civiltà, possono essere considerati capaci di esprimere dalla loro unità, delle minoranze selezionate atte a governare lo Stato corrispondentemente agli interessi e alle idealità della maggioranza dei cittadini.

    La prima teoria si fonda sul principio degli innati diritti e delle innate ottime qualità della maggioranza dei cittadini, concepita come un qualche cosa di costante e di statico; la seconda si fonda sul principio della formazione e del ricambio delle classi dirigenti.

    L'errore fondamentale della concezione statica della democrazia consiste nel superficiale ottimismo. La teoria secondo la quale i popoli sarebbero naturalmente buoni ed intelligenti se non fossero oppressi dall'autorità, che sarebbe sempre la massima responsabile dei gravi difetti intellettuali e morali degli uomini, è puerilmente sbagliata. Il problema della felicità universale sarebbe molto facile se per risolverlo fosse sufficiente abolire ogni forma di autorità.





    Mi sono espresso in forma paradossale, tuttavia mi sembra innegabile che nella eccessiva fiducia nelle innate buone qualità della maggioranza degli uomini, consista il nobile errore di alcune concezioni democratiche e sopra tutto il punto debole della pratica capacità di azione di molti governi democratici.

    In questo grave errore di ottimismo non cadono invece le teorie che ricercano il loro fondamento nel fatto dell'avvicendamento delle classi dirigenti. Mi pare che a queste teorie convenga la denominazione di democratiche liberali. Ma d'altra parte, da un punto di vista politico, il puro liberalismo in che cosa può consistere? Libertà vuol dire possibilità di svolgere determinate azioni, e libertà politica significa facoltà concessa ai cittadini di sviluppare in un largo campo di azione le proprie iniziative politiche. Ma se la libertà non è che una facoltà, è necessario che esista chi sappia e voglia usare di questa facoltà; e dunque, perché la libertà politica non resti un puro concetto formale, è necessario che i cittadini, che i popoli sappiano e vogliano usare della concessa o conquistata libertà, ossia che veramente sappiano e vogliano svolgere una propria iniziativa politica. Ecco in quale senso il liberalismo presuppone la democrazia e la democrazia, se non vuol essere la tirannia di una determinata maggioranza in una data epoca, non può manifestarsi che col liberalismo, ossia adottando il metodo di governo liberale. Perché un governo di maggioranza che opprimesse le minoranze impedendo loro di influire sul pubblico nell'intento di diventare a loro volta maggioranza, resterebbe certamente un governo di maggioranza in relazione al presente, ma in quanto impedisce la formazione di tutte le possibili future maggioranze, diventa un governo di casta, oligarchico e tirannico, ossia antidemocratico e rispetto al corso del tempo, anche antimaggioritario. Insomma, non si deve confondere il sano ideale democratico con l'idolatria maggioritaria, poiché è teoricamente e sperimentalmente dimostrato che l'illimitato potere della maggioranza può condurre alla tirannia. Le maggioranze possono attentare alla libertà aspirando ad una più o meno diretta tirannia, nei momenti di stanchezza e di debolezza, rinunciando alla libertà nelle mani di un dittatore.





    La libertà politica comporta, se non amore, almeno rispetto del prossimo, ma anche il rispetto del prossimo non è certamente il più spontaneo o il primo degli istinti. D'altra parte la libertà implica la responsabilità, e responsabilità significa sforzo, fatica. Ora non risulta che lo sforzo sia il primo amore degli uomini, anzi il togliersi il peso delle responsabilità è una delle nostre più naturali tendenze. Insomma non è vero che le maggioranze siano necessariamente sicure e costanti custodi delle proprie e delle altrui libertà. Pertanto la sicurezza del regime liberale democratico non può essere garantita che da una forza superiore, la quale abbia per compito essenziale di prevenire la sopraffazione o la rinunzia alla libertà da parte delle maggioranze e questa forza è lo Stato.

    Se la teoria di governo liberale democratico si fonda sul fatto dell'avvicendamento il potere delle classi dirigenti e l'aspirazione politica sociale della democrazia liberale consiste appunto nel tentativo di regolare la perenne rotazione delle aristocrazie, è evidente che, per la teoria liberale democratica, vi sono alcuni valori come la libertà individuale, la libertà di stampa, la libertà di associazione e la libertà di voto, i quali, appunto in quanto senza di essi non è concepibile la possibilità della tranquilla rotazione delle classi dirigenti, sono inviolabili, ossia non possono essere legalmente soppressi, né da maggioranze, né da minoranze, né da individui. Questi valori sono assoluti, ossia trascendono l'arbitrio degli individui singoli e associati e perciò devono essere custoditi ed imposti da un potere superiore ed indipendente dalle oscillazioni della volontà popolare.





    Per questo la classica forma di governo liberale è la monarchia costituzionale. La libertà e garantita dallo Statuto, ossia dalla legge fondamentale che vincola il Re ed i sudditi. Né l'uno né gli altri possono infrangerla. Il Re ha il diritto e il dovere di reprimere ogni ribellione dei sudditi allo Statuto, i sudditi hanno il diritto e il dovere di opporre la più ferma resistenza ad ogni infrazione allo Statuto commessa dal Governo del Re.

    Nei popoli che hanno una fortissima coscienza giuridica ed un saldo istinto unitario, ossia in quei popoli nei quali le leggi fondamentali della convivenza civile sono talmente radicate da non essere più nemmeno discusse, la funzione del Re può essere esercitata da un Presidente della Repubblica, ossia possono vivere in regime repubblicano soltanto i popoli intimamente ultra monarchici. Comunque, sia monarchico o repubblicano, lo Stato deve rappresentare l'universalità dei cittadini e gravissimo errore è confondere universalità e maggioranza. Anzi per salvare l'universalità del diritto è necessario sottrarre il diritto all'arbitrio della maggioranza. L'unica garanzia della libertà degli individui e delle minoranze consiste in un saldo Stato che appunto incarni e imponga la universalità e l'unità del diritto.

    Da un punto di vista liberale democratico, lo Stato dovrebbe essere il supremo regolatore del ricambio delle classi dirigenti, ossia della formazione e del succedersi dei governi. Per questo il compito e i doveri del Capo dello Stato e del Capo del Governo sono diversissimi. Il Capo del Governo, come esponente ed interprete della corrente prevalente nel Paese in un determinato periodo, è vincolato nella sua opera legislativa dalla volontà dei rappresentanti della maggioranza del Paese; invece il Capo dello Stato, nella sua qualità di custode della legge fondamentale dello Stato, è assolutamente superiore al gioco delle tendenze politiche ed indipendente dalla volontà di qualsiasi maggioranza.





    Non voglio certo toccare la grave e dibattutissima questione della distinzione e dei limiti fra potere legislativo e potere costituente; tuttavia è evidente che qualsiasi costituzione, se può essere fino ad un certo punto costituzionalmente riformabile, non potrà mai essere costituzionalmente negabile. Ossia la volontà dei rappresentanti della maggioranza dei cittadini, nell'ambito del potere costituente, deve essere arginata da limiti insuperabili. Insomma la maggioranza del Parlamento di uno Stato monarchico non può votare la repubblica, come la maggioranza del Parlamento di uno Stato repubblicano non può votare la monarchia. D'altra parte, come la Camera dei deputati di una monarchia liberale non può votare la repubblica comunista, così non deve potere, in un momento di mania suicida, votare la dittatura antiparlamentare. In questi fondamentali argomenti di carattere costituzionale il Capo dello Stato ha un potere assoluto superiore ed indipendente dalla temporanea volontà di qualsiasi maggioranza, e quel Capo di Stato che, in occasione di dibattiti riguardanti gli essenziali argomenti di carattere costituzionale, si limitasse a fare il computo dei voti della maggioranza parlamentare e di conseguenza acconsentisse e giustificasse la radicale trasformazione dell'essenza di quello Statuto di cui è garante, non solo nel momento presente, ma anche rispetto al futuro, quel Capo di Stato verrebbe meno alla funzione costituzionale che gli è propria.





    Il governo di minoranze che si siano acquistata la fiducia della maggioranza, secondo metodi fissati da una larga costituzione garantita dal giuramento di una fedele e salda monarchia, mi sembra l'ideale politico della teoria democratica liberale.

    Se lo Stato non deve essere che il supremo regolatore del ricambio delle classi dirigenti espresse dal Paese, lo Stato deve avere essenzialmente una funzione giuridica piuttosto che etica. Un vero contenuto etico non può essere dello Stato, ma dei governi, ossia delle aristocrazie che si succedono al potere. Ogni classe, ogni aristocrazia che ascenda al potere, deve avere un contenuto etico, ossia una concezione propria, ma assoluta dei valori supremi; se non avesse questo contenuto spirituale non potrebbe né formarsi, né progredire, né tanto meno governare. Ed una aristocrazia che, avendo saputo riscuotere la fiducia della maggioranza, sia al governo, avrà il dovere di difendere tutti i proprii valori, ma non con la violenta quanto inutile soppressione e negazione dei valori altrui, bensì accettando e affrontando tutti i liberi confronti. Lo Stato deve concedere alle aristocrazie che sono al potere il diritto di difendersi colla forza da chi violentemente le attacca; ma alle nuove aristocrazie in formazione esso deve garantire la possibilità di giungere pacificamente al governo. E alle nuove classi è vietato di conquistare con la violenza il potere, appunto perché è loro concesso di giungervi per le vie legali, ossia mediante la conquista del consenso della maggioranza dei cittadini.





    Aristocrazia chiusa e democrazia rivoluzionaria sono i veri nemici della democrazia liberale, che invece vuole la continuità e la regolarità del metabolismo delle classi sociali. Dunque, Stato democratico liberale non significa semplicemente governo della maggioranza, ma significa il governo delle minoranze che hanno saputo acquistare e mantenere la fiducia della maggioranza. Ha diritto di governare non chi riesce a sottomettere i più, ma chi riesce a persuadere i più, ossia la teoria liberale democratica dello Stato implica necessariamente il sistema elettorale e parlamentare. Ma una simile concezione, appunto in quanto tende a regolare i rapporti fra i vari partiti, non deve essere propria soltanto di un partito, ma comune a tutti i partiti. Cattolici, nazionalisti e socialisti; conservatori e progressisti sono implicitamente liberali democratici se, per difendere i loro interessi e attuare la loro eticità, accettano le leggi che lo Stato liberale impone per contenere e regolare la lotta sociale e ideale. Pertanto astrattamente parlando, non dovrebbe esistere un partito liberale o un partito democratico, poiché tutti i partiti, in quanto accettano il metodo politico della libera persuasione per sviluppare la propria iniziativa politica, dovrebbero essere liberali e democratici. Il nostro Paese è ancora lontano da questo ideale e ciò spiega e giustifica la costituzione di partiti liberali e democratici che si battono non tanto per un determinato interesse e per una precisa finalità ideale, quanto per creare in Italia quelle condizioni giuridiche che acconsentano una civile lotta politica. Ma questa non è la finalità di tutti i partiti dell'Aventino, questo comune ideale non è appunto il saldo vincolo dell'unità dell'Aventino?

    Conservatori, liberali, progressisti, cattolici e socialisti si trovano uniti nel voler difendere il metodo di governare liberale democratico. La tanto derisa eterogeneità dell'alleanza aventiniana, ha invece un profondo significato. Se partiti diversi si trovano uniti nella difesa della libertà, vuol dire che anche in Italia si comincia a comprendere che alcuni principii liberali democratici non devono essere monopolio di un solo partito, ma patrimonio comune a tutti i partiti di un paese civile. Per questo l'Aventino è il primo germe dell'Italia moderna.

NOVELLO PAPAFAVA