UNO SGUARDO IN FLEET STREET

Londra, ottobre.

    Il giornalismo inglese è ammassato nel quartiere che si estende da Aldwych a Ludgate Circus, tagliato alla base del Tamigi, chiuso alle spalle dalle rombanti arterie di Holborn. Straducole, cortili angusti e bui, muraglie sudicie e vertiginose: poi, qualche largo spiazzo per i carri che recano la carta, e portano via le copie della resa. Un incredibile affastellamento di uffici, la lebbra delle targhette che incrosta ogni porta, festoni di lettere dorate, e azzurre insegne ai balconi. Gli anditi, ricoperti per lo più da piastrelle biancastre, come in Italia gli ingressi alle case di tolleranza. Di tanto in tanto, una taverna dall'insegna gotica, o un caffeuccio. Schiacciato fra Chancery Lane, il Temple e la salita che conduce alla City e a San Paolo, percorso dal traffico metropolitano, Fleet street lancia una sua propaggine all'estremo lembo dello Strand, e nel quartiere del Drury Lane, di Covent Garden, ma il suo vero cuore non è là. Nessuno si sogna di andare a cercare il ritratto del dottor Johnson nel pressi di Bow street.

    L'aggettivo che qualifica con maggior precisione il giornalismo inglese è impressionante. In quello italiano trovate talvolta la genialità, nel francese, sempre, l'ingegno, nell'inglese, la forza. Lo sforzo tecnico che produce un grande giornale inglese non ha eguali: un numero del Times è, tipograficamente parlando, un prodigio. Per questo, di qua dalla Manica, si sorride davanti alle otto pagine del giornale italiano, alle sei del francese. Illustrazioni, cifre, prospetti, annunci, dimostrano una ricchezza di mezzi straordinaria, la cura di approfittare di tutti i nuovi ritrovati tipografici. Ci si domanda perché nessuno dei nostri amministratori di giornali si preoccupi di studiare ed applicare i sistemi inglesi, e rimanga attaccato ai metodi dell'età della pietra. La risposta è semplice; mancano i denari per l'esperienza, e non si vogliono utilizzare gli uomini capaci di tentarla. La tabe politica paralizza tutti: "Lei vuol rinnovare tecnicamente un giornale? Mi faccia vedere la tessera".





    Se però si passa a considerare il valore intellettuale del giornalismo quotidiano cominciano i guai: a sentire certi critici d'avanguardia, Fleet street impersonerebbe a meraviglia l'onesta, mediocre e antiquata mentalità borghese; non sarebbe uno stimolante di energie. Filisteismo, insomma.

    Essi non hanno torto, ma non comprendono lo spirito tradizionale di Fleet street.

Fatti e idee.

    È nozione corrente che la prima, in ordine d'importanza, qualità di un giornale consiste nel dare ai suoi lettori il maggior numero possibile di notizie, accertate e controllate con scrupolo. Questa regola conduce a uno sdoppiamento: stampa d'opinione e stampa gialla. La stampa d'opinione (che non è quella di partito, insignificante, come vedremo) offre, oltre alle notizie, la loro interpretazione, in uno o più editoriali, ma, pur concedendosi qualche naturale tendenziosità nelle informazioni, si ricusa di contorcere, sfigurare, snaturare, e talora inventare le notizie. L'altra, vive di questi sforzi caleidoscopici, sotto cui si nascondono interessi materiali e volgari.





    Prendiamo, per es., due giornali egualmente reazionari in politica, la Morning Post e il Daily Mail; troverete, nella prima, un'eccellente rete di servizi esteri; nel secondo essi vengono sostituiti da avventurosi dispacci di "inviati speciali", metodo che il Daily Express ha portato a una specie di sfacciata perfezione. La dottrinaria Morning Post dà al suo pubblico ristretto e fedele dei fatti visti alla luce delle sue idee. I giornali di Lord Beaverbrook e di Lord Rothermere porgono ai loro milioni di lettori delle "visioni", delle "fantasie" attorno a un avvenimento attentamente scelto... I verbosi editoriali della Morning Post sono ridicolmente gravi e compassati, ma efficaci; i brevissimi, violentissimi editoriali della stampa gialla non hanno lettori perché il vero "editoriale" è la notizia gonfiata in prima pagina. La prova del fuoco per questi giornali fantasiosi, osserva G. Binney Dibblee in un prezioso volumetto. The newspaper, sono le elezioni, in cui la loro influenza è minima. Tutti sanno a chi essi appartengono, e donde derivano certe avventate tesi ostinatamente sostenute. Mentre in Francia l'anonimo e la moderazione (per non dire l'indifferenza e la timidezza) politica regolano la condotta del Journal e del Petit Parisien, in Inghilterra si può constatare il caso di Lord Beaverbrook che va a teatro, si trova in disaccordo col proprio critico drammatico, e fa stampare in prima pagina dal Daily Express (edizione domenicale col titolo Sunday Express), in corpo dieci, una sua lettera che vanta la commedia, mentre la critica è relegata nell'interno del giornale, in corpo sette.





    La stampa gialla, oltre agli affari di chi la possiede, non ha altro dio che il successo. Corre quindi dietro ad ogni scandalo, ingigantisce qualsiasi fatterello, e ha sempre in riserva qualche storia di spettri o di fantasmi, di suicidi misteriosi, e così via, per riempire le colonne con delle informazioni sensazionali anche nei giorni di magra. Sarebbe ingenuo attribuirle valore politico o intellettuale: essa non ha la menoma autorità in nessun campo. Siccome costa un solo penny (mentre Times, Morning Post, Manchester Guardian ne costano due, e i liberali Daily News, Daily Chronicle, Westminster Gazette, fatti sullo stesso tipo, non possono tecnicamente competere con essa) il pubblico, stuzzicato dalla presentazione della materia, la acquista. Le donne, si può dire, la prediligono, e anzi vanno assai più in là: in bus, per la strada, in tube, è difficile che vediate una donna con un giornale non illustrato; di qui la fortuna del Daily Mirror, del Daily Sketch ed altri simili. Tuttavia, se è legittimo disprezzare la stampa gialla, è equo tributare un elogio ai tecnici che quotidianamente le danno vita. Bisogna essere un giornalista professionista per capire le immense difficoltà che redattori e tipografi sono chiamati a risolvere di continuo. Chi è del mestiere sa che nulla è più ingrato che la preparazione delle notizie, la loro "cucina". Accomodare in salsa piccante delle sciocchezze, o, peggio, della roba trita e misera, disperatamente comune, richiede un'ingegnosità straordinaria, e a lungo andare il lavoro consuma, stanca, stronca. Nella stampa gialla non v'è notizia che non venga ripresa, rifatta, amplificata, riscritta, rielaborata. La verità finisce male, d'accordo, ma di chi la colpa se non del pubblico? Ora, il giornalismo inglese serve magnificamente i suoi romanzeschi lettori, come sa soddisfare i più seri e pratici. In America, la seconda categoria non esiste, a quanto pare, e i risultati sono orrendi. Alla sovraeccitazione di chi produce, fa riscontro quella di chi consuma: nevrastenia giornalisttica possibile solo tra dei grandi ignoranti o dei cacciatori di emozioni.





Spirito borghese.

    I giornali seri si distinguono per il loro carattere coscienziosamente positivo, casalingo. Sono l'organo di cittadini, di gente che è guidata, diretta da abitudini secolari. Il Daily Express, appena modificato, potrebbe uscire in qualunque parte del mondo: esso fa appello ai sentimenti elementari dell'individuo. Il Times, il Daily Telegraph non sono possibili che qui: rappresentano realmente il temperamento britannico, e hanno un'importanza indiscutibile.

    Il giornale italiano fa troppa parte alla politica e troppa alla letteratura. In un certo senso, ciò è doveroso in un paese che manca di riviste, di rassegne settimanali in modo inconcepibile, e che obbliga i suoi scrittori ad attaccarsi a un quotidiano per non morire di fame, o fare gli impiegati dello Stato. Resta alla maggioranza dei lettori il rifugio delle cronache giudiziarie, che è anche il paradiso del pubblico francese. Il giornale inglese dedica largo spazio alla politica, ma non ne fa il tema esclusivo delle sue colonne principali: su tre dei suoi editoriali, uno almeno tratta di argomenti di interesse generale. Riduce l'arte, il teatro e la letteratura in proporzioni severe, e bada sopratutto ad informare più che a giudicare. La personalità del critico (e quella di qualunque altro, scrittore o redattore) non compare mai: il giornalista inglese, di regola, non firma, o tutt'al più mette le iniziali del suo nome. L'autorità del giornale se ne avvantaggia, il suo tenore letterario ne scapita.





    Molto sovente, nel continente, il direttore di un giornale lavora per soddisfare i suoi gusti e le sue passioni personali; qui, il pubblico è sovrano. Il motto della stampa inglese è altruistico: "servire". Lo spazio immenso e l'importanza accordati alle lettere del pubblico (in Italia il tentativo del Corriere della Sera non ebbe fortuna, e fu oggetto di qualche volgare mistificazione) impressionano il giornalista straniero, abituato a rispettare e a stimare assai poco i suoi lettori. Chi prenda in esame questa corrispondenza, ne deve osservare, oltre il naturale ridicolo, la profonda serietà e sopratutto un carattere: quello di cosa vissuta. Il lettore rende note le sue esperienze, a scopo di documentazione, di conoscenza quasi scientifiche. Espone dei fatti, degli argomenti, più che delle idee. Polemizza, incredibile a dirsi, con rispetto e discrezione. Le diatribe non sono ammesse. Uomini politici di tutte le fedi si valgono con piena libertà della rubrica non come una tribuna, ma come una cattedra. Gli idealisti vi confidano che i loro progetti non trovano ospitalità nel Times. Perché dovrebbero esservi accolti?. Il giornale è uno specchio: non inventa, registra. Riflette i pensieri, le preoccupazioni di una nazione borghese, tratta gli interessi che concernono "the man in the street": gli artisti si rivolgono altrove, poiché in uno Stato bene ordinato non c'è posto per i sognatori.





    Padrone chi vuole di trovare questo ideale meschino, e la stampa che lo raffigura filistea e gretta. Io lo trovo eccellente. Il giornalismo inglese ne vive. Senza dubbio si può concepire qualcosa di più alto: la missione storica spettante a un dato gruppo di uomini. Permettetemi di inchinarmi, e di passar oltre. Il Manchester Guardian è qui il rappresentante di questa concezione del giornalismo, poiché il laburista Daily Herald è un giornale tecnicamente mal fatto, e senza reale importanza ideologica. Orbene, il socialdemocratico Manchester Guardian perde, dal lato delle notizie, quel che guadagna dal canto delle dottrine. È il giornale più liberamente e seriamente intellettuale dell'Inghilterra, l'unico la cui critica letteraria abbia un reale pregio (quella del Times e del Literary Supplement che esso pubblica è di un'aurea mediocrità) e i cui editoriali mostrino intelligenti direttive liberali. Ma non è tecnicamente equilibrato, manca di servizi, non può concedersi il lusso delle grandi inchieste internazionali. Gli organi liberali minori, sopra nominati, non possedono poi né gli editoriali del Manchester Guardian, né i servizi dei conservatori, e sono per di più influenzati, quanto alla disposizione della materia, dalla impaginazione visiva della stampa gialla. Osservazione generale: gli articoli di riempitivo, di "varietà", sono in Inghilterra estremamente deboli: c'è il taglio, il motivo d'interesse giornalistico, ma la scrittura è trivialissima, e si cercherebbe invano la disinvoltura, la grazia, la vivacità francesi.

    A chi cerca il tipo caratteristico del giornale inglese è bene indicare, come saggezza politica e serietà di informazione, il Daily Telegraph, schiettamente borghese. La Morning Post, aggiunge alla tinta forcajola la vernice mondana, il Times, meno austero del Daily Telegraph tiene il giusto mezzo, e la sua tiratura e il suo cosmopolitismo se ne avvantaggiano.





L'influenza.

    L'ora del giornalismo eroico è passato. Invece di leggere The light that failed, il curioso si procuri un romanzo di Sir Philip Gibbs, The street of adventures. Vi troverà una pittura minuziosa della vita e dell'ambiente di Fleet street, e alcuni schizzi di tipi di giornalisti inglesi, fatti da un loro collega, con simpatia: l'autenticità del documento e la serietà dello studio sono garantite. Comunque, per rendersi conto del vento che spira, non ha che da aprire i giornali, tutte le mattine. Addio campagne e corrispondenze di guerra (la natura cinematografica di quelle inviate alla stampa gialla non ha bisogno di venir messa in rilievo), addio grandi inchieste (quella del Daily Express sulla religione, fatta con dieci scrittori scelti in modo idiota - Oppenheimer accanto a Bennet: né Wells, né Galsworthy... - ha suscitato enorme interesse, ma è stata condotta senza discernimento). La diplomazia impera. I problemi economici e politici regnano: il lettore si curva sui geroglifici dei patti internazionali, s'inabissa nelle questioni industriali. Non ha tempo né voglia di guardar in alto: la realtà viva, crudele, del dopoguerra lo tiene col capo chino sulla crisi della sua nazione, e su ciò che può alleviarla. Anche la politica è ormai in funzione dell'industria: il comunismo preoccupa perché nasce dalla disoccupazione.

    A questo tipo di lettore gli idealisti vorrebbero infliggere dissertazioni sul modo di preparare i tempi nuovi: intenderebbero propinare le idee. Il giornale dovrebbe diventare un araldo, un apostolo. La stampa inglese si rifiuta di trasformarsi in San Paolo. E ha ragione. Avvezza a commentare editorialmente gli avvenimenti a due giorni di distanza, essa accompagna passo passo il suo pubblico, segue i suoi bisogni, le sue necessità. Gli spiega quanto accade, si richiama ai principii tradizionali della sua storia. È empirica, positiva, prudente, mediocre. Libera, solida, forte, non ha l'ambizione di essere il "quarto potere": sa che l'opinione non si crea, preesiste.





    In questo senso essa non ha influenza. Pesa col tremendo peso di uno specchio fedele della mentalità generale, ma lascia la preparazione dell'avvenire e lo spregiudicato giudizio del presente alla moltitudine dei settimanali e delle rassegne. Anche se di circolazione limitata, questi indicano effettivamente le correnti vive e profonde dell'opinione illuminata. Diecimila lettori pensanti valgono meglio e possono di più di un milione di lettori inerti e distratti. Chi vuole orientarsi sull'Inghilterra di domani, legga e segua il New Statesman, il G. K.'s weekly, lo Spectator e gli altri fogli del sabato. Perderebbe il suo tempo sulle collezioni della Morning Post, e dal Daily Mail ricaverebbe soltanto qualche luce sugli affari del suo proprietario.

    Il fenomeno è singolare, ora spiegabilissimo in un paese a fondo conservatore come l'Inghilterra, che non ha nessuna simpatia per l'articolista brillante, e dove la noterella quotidiana di un Lucien Romier non desterebbe alcun'eco, perché verrebbe presa come la manifestazione di idee personali. Per uno strano paradosso, questo popolo di feroci individualisti, ha del giornalismo una concezione clericale, impersonale. Fleet street, pieno di taverne e di febbre, si muta così, nella sua immagine più vera, in un immenso convento laico, e il sacrificio dei suoi monaci, misteriosi e senza nome, assume ai nostri occhi una commovente grandezza.

ARRIGO CAJUMI.